IL VOLO DEGLI EROI: E’ COMUNQUE RECORD

Se ne va’ l’Ingegner Fabio Buzzi, con Erik Hoorn e Luca Nicolini, menti temerarie, infrante contro il Mose, monumento del torbido veneziano, di cui non serve dare spiegazioni qui.

“Ingegnere, le rubo solo 15 minuti, lo prometto. Lascio fuori la “25” che faccio far brutta figura al suo stabilimento magnifico”. E poi si rimaneva almeno un ora, di fronte allo sguardo del pilota di mare. Già, perchè in mare è strano pilotare, si guida senza fissare troppo, “sentendo” l’orizzonte e fissando di colpo l’attenzione sull’onda. Ogni onda ha una sorta di varco più basso, dove è più facile passare in velocità. Auguro di cuore che questo varco ora lo abbia trovato anche verso un mondo migliore questo splendido equipaggio.

Quei dubbi, tutte le chiacchiere fatte tra la confidenza e la reverenza da fiato sospeso: erano le 21 di sera, giugno 2017 se non ricordo male. Ok, Paolo Martin mi ha “aperto la porta” alla FB, ma poi ti trovi seduto di fronte all’Ingegnere, uomo che difende con ferocia la bellezza del mondo. Quella vera, che capiscono in pochissimi, sebbene sia così maledettamente manifesta. “Mi parli di D’Annunzio”, ruggì. “Non ne so molto Ingegnere, ma so che raggiungeva la Balbina di notte a nuoto (attraversando il Canal Grande), chiedendo…di poter essere il primo”- lei rispose, guardando l’esile vate, “piuttosto un carabiniere!” – all’epoca pezzi di marcantonio. L’atmosfera si fa densa, mi fissa da vicino, come si avvicina un colosso: ” se l’è fatta , mi creda”. Lo sguardo rimane il tanto da creare un momento forse feroce, ma in realtà incredibilmente divertente.

Nacque un dialogo, di cui forse l’80% non può esser riportato. Certamente la mia sensazione era quella di ricevere briciole da un gigante che non mi aveva ancora defenestrato, solo per non far la fatica di farlo. Poi gli mandai un famigerato articolo pre-record 2017: gli sms erano sempre monosillabici, il più lungo fu “ok, ma nessun nome e massima riservatezza”. Per me quell’ok risuonò come un trofeo alto 125 metri, e non cancellai mai il messaggio. Uno scritto di cui l’Ingegnere rimase forse contento. Forse abbastanza, tanto da mandarlo all’epoca ad Altavilla, ritenendolo uno scritto sensato. Dopo 12 ore dovetti farlo rimuovere con la massima rapidità. Avevo pestato tutti i piedi che potevo pestare in un sol colpo: petrolieri, sostenitori delle smart city, case automobilistiche, motori benzina ed elettrici. Ebbi terrore per tutta la giornata, ma la volta successiva che incontrai Buzzi mi fissò, non disse nulla, ma fece uno sguardo tra il “l’abbiamo fatta grossa” ed il divertito. Il mio trofeo accrebbe ulteriormente. Poi mi buttò lì un’idea geniale, sua, maledettamente sua. Penso lo fece pensando che necessitasse di un lobotomizzato disponibile a sondarne la fattibilità: ero perfetto.

L’idea non andò avanti per dei motivi esterni che deludevano terribilmente l’Ingegnere. D’altronde la stupidità e l’ignoranza che la ostacolavano non potevano che deludere mortalmente una persona dalla rarissima intelligenza, come la sua.

Ora l’idea rimane e non c’è più l’Ingegnere, ed è una cosa che andrebbe portata avanti. Impossibile senza di lui, ma forse in suo ricordo si potrebbe.

Poi si è a Cannes, poco dopo, dove l’ambiente ha ovviamente quella formalità talmente eccellente in cui si arriva a fingere di essere informali. E in mezzo a tanti stand plastificati due occhi inceneriscono i foils di un gommone. “Architetto, non andrà mai più veloce con quella roba, non ci credo”. C’è preoccupazione e zero superbia: vorrebbe lì subito un suo gommone per provarne il confronto. Con l’arroganza di chi vince, con l’umiltà che conduce alle vittorie. “Questo gommone va solo sul liscio”. Visualizzo i rib FB e guardo il catafalco che ho davanti: non ci son dubbi in merito. E’ il momento di una splendida presentazione FTP, volta anche a celebrare il record dei 277,5 km/h, l’atmosfera è magnifica e ho un po’ di tensione, sentendomi fuor d’acqua tra tanti “grandi”presenti. Ma sento qualcuno dire con voce complottista ” un operazione segreta complessissima – pausa silenzio – vado a cercare un cesso!” Non scommetto che fosse lui, chi mai oserebbe dirlo, sicuramente era qualcun altro. Tornò comunque puntualissimo per l’inizio del filmato, e più rilassato.

Tra gli sventurati dell’equipaggio “vi è un pilota americano di cui non si sa il nome”- riporta la stampa.

Tornando a Cannes Erik Hoorn mi racconta diversi aneddoti della collaborazione con Buzzi. Sembra di ascoltare leggende mitologiche, cose incredibili. Prima del record 2016 c’è mare forza 4, e non si può partire per il record. Qualcuno però sta muovendo la stupenda “Ognitempo”: Buzzi ed Hoorn escono lo stesso in mare, agitatissimo, e spingono la motovedetta a 40 nodi con onde di 4 metri. Una sollecitazione umana e strutturale non descrivibili. Le sedute FB attutiscono 15 G di decelerazione, e qui probabilmente vanno a fine corsa. Mi domando come i motori non abbiano potuto sfondare lo scafo con quegli schiaffi. Escono ripetutamente dall’acqua con le eliche, con una barca da 60 piedi portata a 40 nodi! Passiamo buoni momenti a chiacchierare e mi racconta di un progetto in corso, di fronte al quale però Buzzi chiude tassativamente.

Anche quando gli chiedo di Martin, in precedenza, Buzzi usa toni argutissimi, sottilmente modificati. Dentro si intuisce che quell’amicizia è una cosa profonda e non si tocca, non si entra. Non insisto, e ammiro la diplomazia e l’astuzia sottilissima, travestita da modi a volte schietti, qualcuno ha detto duri.

La mattina del 18 settembre penso di scrivere ad Erik per due volte, ma poi lascio stare. Dopo diverse ore si legge che il fantomatico “pilota americano” è Erik Hoorn. Il pugnale piantato la notte prima inizia ora anche a rigirarsi.

Due giorni di svarione, convinto che porre l’arrivo del record in bocca di porto sia stata una follia. Poi si capisce che il record è vinto, 18 ore e 30 minuti, e che la barca ha proseguito. Il traguardo era in mare, dove doveva essere.

La barca prosegue, invece che fermarsi a salutare i cronometristi, tra cui c’è anche l’amico (di Buzzi) Darai. Visto da fuori pare strano. Come è strano che l’incidente sia avvenuto in una zona più che nota all’ingegnere ed è surreale che il motoscafo sia alla vista recuperabile. E’ una faccenda che non entra in testa.I pescatori raccontano dell’orrido boato dei motori in fuorigiri , durante il disgraziato volo oltre la diga.

Mille cose possono esser successe in quella zona, dal solito barchino senza luci a folle velocità, ai tronchi portati dal mare, e forse un errore tecnico ( a cui mi ostino a non credere). Di certo Buzzi se ne è andato con la consolazione della gioia di un suo ennesimo risultato, segno dell’ottimo lavoro di tutta la FB Design e di FPT.

Se ne è andato nella Venezia che amava, niente dondolo sotto ad un portico, nè letto d’ospedale: campione fino alla fine, ora immerso nel mare della consapevolezza attiva, nell’Infinito.

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