TAiSTUDIO RESTAURI
Diversi soggetti restaurati dallo Studio sono qui riportati nel tentativo non scontato di chiedersi come tutto possa ricadere comunque in Architettura.
1- LA BARCA
Il povero “Micropomo” Cadei si era consumato contro la banchina a causa della rottura di una cima d’ormeggio, senza che nessuno potesse accorgersene, d’inverno. Eccolo aNatale pronto per essere alato, fatto a pezzi, triturato e smaltito: molto doloroso per un veneziano. Per il salvataggio si è reso necessario far rifare la murata ad un bravissimo tecnico dei compositi, che aveva appena ricostruito la gamba in carbonio ad un cavallo. L’equino si era strappato via l’ultima parte di zampa anteriore contro delle pietre: dato per morto, il nostro M crea un’eccezionale articolazione di sperone e zoccolo in alluminio e carbonio, in grado di riportare il cavallo a trottare. Commuovente. Ed anche il Micropomo, pronto al macero, torna qui perfettamente a galla, in quel della Laguna.
CHE DISASTRO!
“Elvi” trasportata miracolosamente senza affondare, al teorico “macello”: evidente quanta parte di murata manchi a dritta, consumata appunto sfregando contro la banchina.
CHIRURGIA PLASTICA
Dopo ore interminabili per plasmare un simil-stampo accettabile, specchiando la metà dello specchio di poppa, ecco ricostruito lo scafo: in acqua la barca non penderà minimamente, segno della simmetria rispettata. La ricostruzione integrale della pannellatura interna, ultima realizzazione del mitico Ferruccio Cadei, che ha collaborato già più che ottantenne a ricostruire questa sua creatura.
Ecco la scelta progettuale: la barca è restaurata ma non è più come prima: ovvio, il gelcoat arancione con la riga bianca, tipica degli anni ’70 è irrecuperabile, per la “pezza” estesa nella murata. Ecco allora che la scelta cade su di un colore classico ma moderno, apposito per il gelcoat. Il ponte ha un colore meno acceso del bianco originale, che sbatterebbe in una riverniciatura. Anche l’antisdrucciolo sulle murate è modificato a causa della riparazione ed ha forma ad oncia, levigato anche a mura sinistra. Siamo tornati dove l’avevamo recuperata, pronti al varo! Si, penso che anche questa sia Architettura.
2-IL CASO DELLE TRAVI SCOMPARSE…
Una villa, tenuta in modo impeccabile, presentava un’inquietante quadro fessurativo che evidenziava problemi nei solai. Danni di epoche precedenti, ma inaspettatamente estesi.
Ad esempio questo solaio, alla luce dei fatti, contava tre travi su sedici ancora in appoggio. Il resto si vede come stava, sorretto solamente dal controsoffitto robustissimo, in arelle, calce e raffia a fibro-rinforzarlo.
Gli appoggi delle travi sono letteralmente scomparsi, il tutto è retto dal soffitto!I vecchi assiti, con i loro chiodi fatti a mano fanno poi sempre miracoli nel sostenere inaspettatamente le strutture.
Però le travi non si possono sostituire perchè sorreggono un plafone decorato a stucchi e dunque si devono rimettere in auge, avvitandole ad un ordito superiore, avvitato ad assito e travi. Il generoso allettamento del pavimento ne consente l’inserimento. Ovviamente il nuovo arcareccio metallico, stando sopra alla trave, deve scendere per tornare ad appoggiarsi nell’alloggio in cui stava una volta la trave: ecco il “pattino”da inserire nel muro.
Pian piano il solaio torna ad essere in sicurezza, elastico, ma resistente. Gli interassi saranno colmati in compensato marino di okumè, avvitato all’assito e alle flange dei profili metallici. Nessuna resina è stata adoperata, non conoscendone la resistenza nel tempo. Si spera che debba riprendere per mano questo restauro almeno tra 150 anni.
3- IL RESTAURO DI UN’ ALFA ROMEO “ALFASUD”
Un’auto progettata dal mitologico ingegnere boemo Rudolf Hruska, padre di svariate auto straordinarie. Disegnata dai bravissimi Giorgetto Giugiaro ed Aldo Mantovani, è forse la loro miglior creatura di serie. Questi dovettero sottostare alle durissime imposizioni di Hruska: 60 cm di sbalzo anteriore e posteriore, inderogabile ed andamento della portiera posteriore tracciato dalla ripartizione del suo stesso peso! La cornice della portiera è tracciata con una catenaria di pesi, simulazione dei carichi dinamici, gravanti sul telaio. Gli equilibri di questa carrozzeria sono straordinari e nessuno progetta più un’auto con queste attenzioni. Ci pensarono l’Iri, la Fiat ed il nome non riuscito a far naufragare il progetto.
Eccoci al restauro: si decide di non operare con sabbiatrici, ma di passare tutta la carrozzeria a sverniciatore per non intaccare la superficie. La sabbia contiene silicio che, accumulato negli anfratti più difficili, con l’umidità aumenta poderosamente di volume intaccando la verniciatura. Una faticaccia, all’oggi ci sono nuove ottime tecniche all’acqua, ghiaccio, etc. Un battilastra ha saputo saldare, ricostruire e consolidare ciò che non andava. Le stesse scelte che si applicano nel restauro filologico si dedicano anche all’auto: i pezzi sono stati tutti mantenuti, senza sostituire porte e cofani anche dove forse ne valeva la pena. Si perde l’originalità ed il problema delle imperfezioni dimensionali tra foro porta e portiera, specialmente nelle auto d’epoca, è rilevante. L’auto andò a Sifnos negli anni ’90: da allora rimase a bordo una cartolina dell’isola, rimasta all’interno della carrozzeria anche durante tutto il restauro.
E’un oggetto nuovo, una rivisitazione del passato, altrimenti perduto.
L’Alfasud in ottima compagnia dello straordinario esemplare unico Giulietta Turbodelta, preparata a quattro mani tra Autodelta e Balduzzi. Giugiaro, Mantovani, Hruska, Cressoni, Autodelta, Balduzzi…Anche questo è Architettura.